Nel dubbio… Ce la faccio

Le stazioni dei treni mi sono sempre piaciute molto. I binari che riflettono la luce del sole e si perdono in lontananza, il via vai di persone dirette in città e luoghi diversi dai miei, le rotelle delle valige che rotolano sul pavimento marmoreo, la voce che al megafono annuncia la partenza del prossimo treno.

Luoghi di transizione, dove resti sospeso tra il viaggio che hai già fatto e quello che devi ancora fare. Ecco, le stazioni mi sono sempre piaciute moltissimo.

Prendo un treno almeno una volta alla settimana, ma non sono ancora riuscita a combattere l’ansia da «tanto lo perdo».

Avete presente? Avete fatto la valigia il giorno prima, preso la maglia di lana ad asciugare sul termosifone, la pinzetta per le sopracciglia e lo spazzolino da denti (cosa che puntualmente dimentico). C’è tutto. Siete partiti per tempo: c’è tutto il tempo del mondo affinché riusciate a raggiungere la stazione perfettamente in orario.

Basta un minuto di attesa in più alla fermata della metropolitana perchè il vostro piano crolli del tutto. Improvvisamente quei 20 minuti di anticipo che avevate sulla tabella di marcia diventano completamente insufficienti: perderete il treno.

yoga

Ed ecco che cominciate a guardare ripetutamente l’orologio e le fermate di metrò che mancano per raggiungere la stazione. Sciogliete il nodo della sciarpa che vi circonda la gola, sentite il tamburellare del cuore perfino nel timpano delle vostre orecchie. Io vado in iper-ventilazione completa e mi si stringe lo stomaco, strizzato come una spugna. Di certo non come le strizzate benefiche che gli do quando faccio yoga.

Naturalmente nessuno perderà il treno (i 20 minuti d’anticipo c’erano e nessuno se li è inventati), ma la mente parte sconfitta in partenza.

Vedete già le porte della locomotiva chiudersi di fronte a voi, che annaspate per la lunga corsa e vi asciugate la fronte di sudore. Ho reso l’idea?
Posso avere anche mezz’ora d’anticipo, ma arriverò comunque al punto di pensare di perdere il treno.

Eppure a yoga ti insegnano che tutto è possibile.

E, per Dio, lo è davvero perchè non avrei mai pensato che le vertebre del mio collo potessero reggere il mio peso. Nè di sollevare le gambe per aria o portarle dietro le spalle. Facile a dirsi, ovviamente.

Ti insegnano che devi zittire la mente, yoga citta vrtti nirodha, direbbe il buon Patanjali.

Non è che se facciamo yoga, però, riusciamo a farlo sempre. La paura dell’ignoto ci blocca e blocca completamente la nostra azione. Molte volte ho pensato di tornare a casa perchè sicura che avrei perso il treno. Ne ero convinta, tanto valeva girare i tacchi e ripercorrere la strada di prima.

Il treno, però, non l’ho mai perso. Nemmeno una volta.

La paura di fallire ci schiaccia le spalle come un macigno. A volte diventa talmente forte che per paura di sbagliare, stiamo fermi e ci perdiamo tutta una serie di soddisfazioni che la metà basta.

La verità è che, nel dubbio, ce la facciamo. Sempre.

Sul tappetino e nella vita di tutti i giorni. Ce la facciamo a sollevare le gambe da terra e alzarci in Sirsasana o semplicemente a fare quella torsione che pensavamo ci frantumasse la colonna vertebrale come il barattolo di ceramica che cade dalle mensola.

Ce la facciamo a preparare la cena prima che arrivi il nostro compagno a casa. Ce la facciamo a farci promuovere dal capo o a trovare un nuovo lavoro se l’abbiamo appena perso.

Ce la facciamo a superare la morte. Sì, ce la facciamo. Perchè se l’uomo non fosse stato tarato per sopportare e superare la morte, ci saremmo già estinti, molto tempo fa.

La paura non esiste realmente. La potete toccare? La potete disegnare su un foglio di carta? Al massimo potete disegnare voi, con un volto spaventato mentre vi torcete di capelli. Ma quella non è la paura. La paura è quella cosa che viene se pensate di non raggiungere un risultato, un obiettivo, di non superare un ostacolo.

Tra voi e quel punto, però, c’è un mondo intero. C’è tutto il viaggio in metro per raggiungere la stazione. Non sapete come andrà. La metro potrebbe recuperare il tempo perso, il treno avere un po’ di ritardo. Sulla carrozza potrebbe salire un musicista e allietarvi con la dolce melodia di un violino, tanto da farvi dimenticare stazioni, treni e orologi.

Il viaggio che si compie è importante quanto tutto il resto, come ci insegna l’Odaka Yoga. Così non c’è spazio per la paura, perchè non c’è più un risultato.

Ero sul mio tappetino in una delle mie tante mattinate colorate e croccanti, dove accendo la musica e mi lascio trasportare dai movimenti. Ho sistemato le caviglie accanto ai glutei, ho ruotato le mani dietro le spalle per entrare in Chakrasana. Ho spinto le mani sul tappetino e ho sollevato il sedere.

Ma niente.

Le mie articolazioni non mi seguivano. Niente forza, niente muscoletti attivi. Una bella cippa di niente. Sono rimasta lì. Col sedere poco poco alzato dal tappetino, le braccia calcificate e la testa appoggiata al pavimento.

Ho provato più volte, ma Chakrasana è rimasta un miraggio. Non riuscivo a spiegarmi perchè.

Il giorno dopo, nel riprovarci, ho sentito dentro di me la stessa sensazione che mi viene quando temo di perdere il treno. Avevo paura. Paura di non farcela.

Me la sono portata dietro un bel po’ di tempo questa paura e, insieme a lei, anche il ponte…. che mi veniva sempre a metà o non mi veniva proprio.

Andavo in iper-ventilazione ogni volta che il mio maestro Roberto si accingeva a portarci in questa asana con le onde preparatorie. E così ho smesso di provarci. Ho preso Chakrasana e tutti i suoi meravigliosi benefici e li ho riposti in un cassetto, ben lontano da me.

Non l’ho fatto mai più? Beh… direi di no 🙂

chakrasana-ponte-sollevato-yoga

Un bel giorno, in un’altra di quelle mattinate croccanti dove accendo la musica e Nicola è costretto a ritirarsi in bagno per farmi godere la mia pratica, ecco in una di quelle mattinate, Chakrasana è arrivata di nuovo.

Avevo smesso di pensarci e di avere paura. E la posa è arrivata da sè.

Mi sono goduta la sensazione dei talloni appoggiati ai glutei, delle mani a toccare terra e di tutta la colonna vertebrale che si srotolava verso l’alto. Ho fatto un viaggio bellissimo.

E non ho mai pensato di non potercela fare.

Sì, certo non succede sempre. Combattere la paura e le elucubrazioni della mente è un processo lungo e difficile. Anche per noi che andiamo avanti a zuppa di lenticchie e prana.

Ma so che un giorno raggiungerò anche questo 🙂

Non abbiate paura di perdere il treno.

Nel dubbio…. ce la fate 🙂

Namasté

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