Coi bimbi non mi sono mai trovata particolarmente a mio agio, con quegli occhioni grandi, pronti a riempirsi di lacrime appena fai qualcosa che non va. Che poi, fare qualcosa che non va, è tutto un programma.
Non è che puoi sapere quello che gli passa per la testa, mentre ti guarda e ‘scodinzola’ le gambette burrose come se fossero pezzi di pongo. Gli fai una carezza, gli sposti un po’ i capelli dalla fronte, gli gratti il pancino e pensi che sia tutto ok : «Dai che non è così difficile, si sta divertendo, non vedi? Sarai una mamma perfetta quando capiterà a te». Invece, dopo pochi attimi, il cataclisma: lacrime come se piovesse e urla peggio che andar di notte.
E allora guardi la mamma (che non sei tu, ma una delle tue tante amiche che ormai hanno figliato… sai com’è c’abbiamo già 30anni), stendi le braccia e restituisci il pargolo come un fagotto.
Che lui è pure bellissimo, ha le guancette rosse e calde, le dita burrose, profuma di latte e appena Mari lo mette a terra comincia a ridere come se nulla fosse (e allora ti vien da chiederti se il problema sei tu).
Si dimena come un uragano tra i giocattoli, fa «brum brum» con le macchinine e, se qualcosa gli scappa dalle mani, si accovaccia sul pavimento senza cadere, restando in un equilibrio sconfinato.
Come un panetto di burro dopo 10 minuti dal frigo che ci puoi fare un po’ quello che vuoi. Lo puoi sciogliere nella crostata oppure trasformarlo in un orsachiotto, a piacimento. Se lo rimetti nel frigo lui sta lì, così come l’hai fatto tu e lo puoi rimodellare nuovamente un momento dopo.
Ed eccolo lì, Malasana.
Per lui (il figlio di Mari), Malasana è più facile che bere un bicchiere d’acqua (il ciuccio a un anno e pochi mesi, a quanto pare, va ancora di moda).
La facilità con cui si piega verso il pavimento per afferrare la macchinina-brum-brum è sconcertante. Resta sospeso nell’aria come un batuffolo di tarassaco, leggero e leggiadro.
Mica come me che, i talloni al pavimento, in Malasana, non riesco ad appoggiarli neppure se prego in cinese.
«Non è mica facile, sai. Non sono mica come te, tutto burrosso e pacioccoso che ti contorci come se fossi fatto di burro».
Alla fine, però, ci provo a fare come fa lui, lo guardo come se fosse il mio personal teacher mentre si accovaccia e si rialza nella più divina leggiadria. Tiro un po’ su l’orlo dei pantaloni, unisco le mani davanti al petto e scendo come se mi accortocciassi su me stessa.
Io e il bimbo ci guardiamo in un attimo eterno e senza fine… i suoi occhi blu sono vispi (hanno sicuramente preso da Mari che ha un bel caratterino), le guacette rosse e sane paiono esplodere di gioia e serenità.
Lo so a cosa sta pensando: «Ma guarda sta cretina. Sarà anche tanto alta e grande ma non sa neppure stare seduta senza avere una sedia dietro il sedere!».
Inarco le sopracciglia e guardo il bimbo di Mari con aria di sfida. O la va o la spacca.
Butto l’occhio sui miei talloni e…. cavolo, sono appoggiati a terra! Sì, faccio un po’ di fatica a mantenere l’equilibrio, devo aprire un po’ di più le anche, contrarre i retti addominali e tutte quelle cose lì, ma…. sono in Malasana.
In realtà avevo sempre sbagliato il modo in cui mettevo i piedi. E a insegnarmelo è stato proprio il bimbo di Mari.
Sì, perchè basta aprirli un po’ verso l’esterno, le anche belle aperte e spostare il peso verso il taglio interno dei piedi. Ve lo spiego bene nel link qui sotto.
Come fare Malasana, la posizione della ghirlanda >>
Gli yogi la fanno facile perchè stanno da secoli accovacciati su se stessi, hanno interi alberi genialogici a loro vantaggio. Se ve ne andate un po’ a zonzo per l’India vi accorgerete che le persone stanno in Malasana praticamente ovunque.
Qui in Occidente ci siamo presto abituati alla comodità di scrivanie e sedie e non riusciamo più a stare come il bimbo di Mari.
Ma il bimbo di Mari, tutti i bimbi in realtà, sanno che è meglio stare in Malasana che sedersi su una sedia.
Che poi i bimbi piccoli sanno un sacco di cose che noi ci siamo dimenticati: sanno che odore ha l’erba fresca e appena tagliata o cosa si prova a guardare una mosca chiedendosi che cos’è quell’affare che vola indisturbato e si poggia sulla punta del loro naso.
Sanno fare la capriola, il ponte e tutte quelle asana per cui noi adulti, prima di cimentarci, incrociamo le dita sul tappetino, pregando Shiva che sia la volta buona. Si contorcono che noi… manco nei sogni.
Oppure solo dopo mesi, anni di pratica, se ti va bene.
Loro invece sono lì proprio come il burro prima di metterlo nell’impasto per la crostata. Si stupiscono per il gusto di un biscotto della Plasmon e se fuori la luce del sole abbaglia i loro occhi.
Dovremo imparare da loro, fare brum brum con la macchina anche noi.
Sai che forse, qualche volta, meglio il parco giochi o la casa di Mari al buon vecchio tappetino in gomma?
Potrei trasferirci lo studio e imparare dai bimbi, perchè no? 🙂
Namastè 🙂
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