La Somalia ha la costa più lunga dell’Africa continentale, che si estende per oltre 3.000 chilometri attraverso il Corno d’Africa.
Ma per decenni quelle spiagge incontaminate sono rimaste intatte e prive di persone e attività.
E mentre la nazione guadagnava una parvenza di pace nel 2011, i somali vi si affollavano per nuotare e mangiare nei ristoranti sul mare di nuova apertura, solo per farli diventare un bersaglio per i terroristi.
Gli attacchi contro i bagnanti testimoniano la continua erosione degli spazi sicuri in mezzo a un’ondata crescente di violenza sfacciata e implacabile.
Ilwad Elman, un attivista sociale di 28 anni, vuole cambiare questa situazione sfruttando la vicinanza dell’oceano per guarire vecchie ferite e alleviare i problemi della guerra.
La guerra è un trauma indelebile, così come lo sono gli abusi sessuali verso le donne. Traumi che in Paesi così conservatori sono trattati attraverso il silenzio e la vergogna.
Attraverso la sua organizzazione, l’Elman Peace and Human Rights Center, lavora per reintegrare gli ex bambini soldato e assistere le vittime di violenza sessuale.
Il conflitto prolungato, le limitate strutture di assistenza e lo stigma sociale associato ai problemi mentali hanno fatto sì che la prevalenza delle malattie mentali in Somalia – una su tre secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2011 – sia superiore a quella di altre nazioni a basso reddito e dilaniate dalla guerra.
Per affrontare questo problema, Elman ha introdotto lo yoga e la terapia del surf come un modo per esplorare i benefici terapeutici che trascorrere del tempo in mare, imparare a navigare, e la connessione con il proprio corpo attraverso lo yoga può avere sulle vittime della guerra.
Elman spera di esplorare queste tecniche alternative alla terapia e al counseling per permettere ai giovani di aprirsi, condividere le loro storie e sfidare lo stress emotivo e psicologico che affrontano quotidianamente.
Per la popolazione, parlare dei propri problemi ed esplorarli realmente è considerato un segno di debolezza o una convinzione occidentale.
Per il progetto yoga, l’organizzazione ha inviato due dei suoi collaboratori ad allenarsi con l’Africa Yoga Project di Nairobi, che utilizza la pratica dello yoga per aumentare l’occupabilità e l’impegno della popolazione nei servizi.
Dopo il ritorno, gli assistenti sociali hanno integrato lo yoga nei loro sistemi di supporto esistenti.
Bastano 15 minuti al giorno per ritrovare un po’ di benessere.
Elman ha detto che non è stato facile. Non lo è e non lo sarà. Secondo le strutture sociali tradizionali, praticare yoga significa anche apertura fisica da parte delle ragazze in pubblico: cosa che è stata spesso disapprovata.
Elman e i suoi, però, sono determinati a portare avanti il progetto, e anche a raccogliere prove empiriche sui reali impatti e benefici di queste attività.
«Sarà davvero importante nella costruzione di un’architettura per la salute mentale in Somalia».
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