Yoga a Raggi Liberi, tutti uniti dal Saluto al Sole di Patrizia Saccà

Mentre guardo le foto che Patrizia mi ha mandato su WhatsApp sento un incredibile senso di leggerezza. Le scorro una ad una ammaliata dal suo sorriso, dalla sua forza. Io e Patrizia non ci conosciamo di persona, ci siamo sentite solo al telefono e, così, guardare le sue foto, mi aiuta a entrare in connessione con lei che di storia da raccontare ne ha da vendere.

Osservo la sua sagoma, seduta in carrozzina: sullo sfondo una spiaggia deserta e nuvole morbide che sembrano muoversi con lentezza in un cielo azzurro.

Che forza, penso. In sedia a rotelle dall’età di 13 anni non si è data per vinta e ha dedicato al suo corpo buona parte della sua vita. E’ stata atleta dal 1987 al 2013, ha partecipato a due paralimpiadi: Barcellona (medaglia di bronzo) e Pechino. Ha chiuso la carriera agonistica con i World master games 2013 (Torino), vincendo due medaglie d’oro e una d’argento con atlete senza disabilità.

Oggi è anche istruttrice di yoga per persone con disabilità e autrice di «Yoga a Raggi Liberi», il primo saluto al sole da seduti che può essere usato da chiunque, anche da persone con disabilità. Yoga a Raggi Liberi è anche il titolo di un libro che lei ha scritto e che potete trovare a questo link.

Un messaggio dirompente quello di Patrizia, che arriva in un momento dove lo Yoga si sta trasformando sempre più in un allenamento per il corpo e dove la performance ha assunto i caratteri distintivi di una pratica millenaria che davvero poco ha a che fare con le giravolte sulle quali ci imbattiamo ogni giorno sui social network. «Anche quando ci soffiamo il naso o ci allacciamo i bottoni della camicia, se lo facciamo con consapevolezza, stiamo facendo yoga», mi dice Patrizia.

E questo insegnamento, detto da lei, ha un valore molto diverso: il suo è davvero uno yoga senza barriere dove tutti siamo accomunati, siamo sullo stesso ‘piano; dove non servono delle particolari abilità fisiche, dove – per praticare yoga – possiamo stare tranquillamente seduti, sulla sedia, sulla carrozzina, sul gradino di un marciapiede mentre aspettiamo l’autobus.

«Porto il mio sentire a tutti coloro che hanno la volontà di mettersi in ascolto del corpo che abitano», mi dice Patrizia. L’ascolto, non a caso, è il tema di questo YogaFestival che arriva a Milano dal 30 settembre al 2 ottobre dopo lo stop imposto dalla pandemia. A tal proposito chiedo a Patrizia cosa significa per lei questo termine: ASCOLTO.

«L’ascolto è alla base della vita. Dove c’è ascolto c’è presenza, che peraltro è alla base di ogni pratica di yoga. E’ fondamentale ascoltare il proprio corpo, le persone, la natura che ci circonda, gli animali per comprendere meglio chi siamo. Se non c’è ascolto rischiamo di andare alla deriva, di farci sopraffare dalla nostra stessa vita. Nelle mie classi lavoro molto sull’ascolto, faccio in modo che due persone possano sedersi una di fronte all’altra e si raccontino: una ascolta, l’altra parla. E poi i ruoli si invertono. Oggi abbiamo tanto bisogno di essere ascoltati».

Il lavoro che Patrizia fa nelle sue classi, rivolte a tutti, ma a maggior ragione alle persone con disabilità, è soprattutto un lavoro di ascolto «delle parti residue», come dice lei stessa. «Ognuno muove il corpo che abita. Le pratiche lavorano sul saluto al sole da seduti, sulla colonna vertebrale, sugli occhi, con un’attenzione profonda a quelle parti del corpo che consideriamo residue. Se abbiamo la possibilità di muovere solo le braccia, cercheremo di scaricarle con pratiche di consapevolezza, con una respirazione veloce per eliminare le tossine, con la meditazione. Molte volte invito le persone a scrivere: di recente, nel parlare della guerra, ho chiesto loro di scrivere qualcosa sulla pace. E poi abbiamo lavorato su questo. Essere Yoga non è solo toccarsi la punta dei piedi con le mani».

​​Il lavoro che fa Patrizia è capillare, è online, è sul territorio, sempre e comunque sostegno di chiunque lo desideri, occupandosi – tra le altre cose – di pazienti affetti da sclerosi multipla con AISM e lavorando per Casa dei Risvegli De Nigris a Bologna, oltre ad avere un gruppo di «Yoga al Femminile» da tutte le parti d’Italia.

Patrizia aiuta i suoi studenti, specie paraplegici, a lavorare anche sulle parti del corpo dimenticate, che non possono essere mosse, con esercizi essenziali e attraverso il pranayama. «Quando faccio una lezione sento che è l’Universo a guidarmi – dice Patrizia – . A YogaFestival porterò una pratica per tutti e che tutti quanti potranno svolgere da seduti. Sarà una possibilità per abbattere davvero ogni barriera fisica ed essere tutti uguali». La pratica, inoltre, è organizzata da Unione Induista per Yoga senza Barriere con cui Patrizia collabora già da prima della pandemia. QUI per avere maggiori informazioni per iscriversi.

Patrizia, inoltre, è stata riconosciuta da CSEN come formatrice e da questo anno condurrà un corso di formazione per insegnanti di yoga che vogliano lavorare anche con persone disabili: «Il corso è aperto a tutti e offre le basi per potersi approcciare con persone che vogliono fare yoga, ma hanno delle possibilità fisiche diverse».

La forza di Patrizia non si ferma qui perchè da alcuni anni collabora anche con la piattaforma online Ottostudio, nata ad aprile 2020, che si è occupata di inclusività sin dal 2020 portando yoga a raggi liberi nelle case di chiunque lo desideri.

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