Credo che la cosa più divertente sarà leggere questo testo tra un paio d’anni e osservare ciò che sarà successo nel frattempo, se avremo cambiato modo di vedere le cose, se avremo imparato a staccare, a concederci questo silenzio rumoroso anche in assenza di un’emergenza.
Oppure se sarà tornato tutto come prima, compresa la fiducia verso il prossimo che – oggi – tra sguardi fuggitivi e sospettosi è venuta decisamente meno, lasciando spazio alla paura.
Forse credo che mi riprometterò di leggerlo ogni anno, il 10 marzo, per ricordarmi di quando non potevo baciare sulla guancia mia madre per timore di passargli qualcosa che non si ha ancora bene chiaro cosa sia.
Però Samthosa. Meno male che la prendiamo sul ridere (almeno mia madre ed io, che viviamo nella stessa casa, ma a debita distanza).
In un momento come questo ti affiorano alla mente tutti gli studi fatti, i libri letti, le parabole raccolte…. Sei in costante ricerca perchè lo Yoga – oltre alla soddisfazione di sentire che i tuoi muscoli si allungano come elastici giorno dopo giorno – dovrà pur servire anche per risolvere le difficoltà, no?
E quale momento migliore?
E allora apri cassetti nella memoria, sfogli libri, ascolti il silenzio, l’istinto naturale che risiede dentro di te. Perchè in fondo lo sai che puoi stare ferma. Ti hanno insegnato a stare ferma dicendoti che è il più grande miracolo che possa accadere. Stare ferma a osservare lo sbocciare delle gemme.
«Sedendo quietamente, senza fare nulla, la primavera giunge e l’erba cresce da se’»
Mai detto Zen fu così azzeccato come in questo momento.
Non sempre è così facile: il silenzio, soprattutto se non previsto, può essere molto assordante. Tuttavia, imparare a gestirlo, credo sia una delle scommesse più grandi che possiamo affrontare. Perchè non iniziare ora?
Sono andata alla ricerca, tra i miei pensieri, i miei libri, il mio istinto naturale che coltivo e che credo sia sempre la bussola migliore da seguire. E ho trovato un concetto importante che lo Yoga ci insegna.
Tapas, la disciplina.
Tapas è il terzo Niyamas di Patanjali. La parola Tapas deriva dalla radice del verbo sanscrito ‘tap’ che significa ‘bruciare’, ed evoca un senso di ‘disciplina ardente’ o ‘passione’. In questo senso, Tapas può significare coltivare un senso di autodisciplina, passione e coraggio per bruciare le “impurità” fisicamente, mentalmente ed emotivamente, e aprire la strada alla nostra vera grandezza.
Tapas non deve per forza significare essere solenne e serio, ma questa fierezza è ciò che fa pompare il nostro cuore, aumenta il nostro desiderio di crescita personale e ci ricorda quanto amiamo la nostra pratica yoga. Ma, soprattutto, quanto la disciplina possa portarci alla libertà mentale.
Perchè tutto questo non significa necessariamente spingersi più in là nel senso fisico. A volte è già abbastanza difficile trovare il tempo di salire sul tappeto e meditare, oppure esercitarsi per 10 minuti al giorno! Per alcuni, Tapas significa trovare il tempo per stare fermi e osservare la mente, e per altri significa lavorare sulla forza e praticare quell’equilibrio del braccio che abbiamo rimandato per troppo tempo. Ognuno ha il suo. Ed è bellissimo così.
Il Tapas è un aspetto della saggezza interiore che ci incoraggia a praticare anche quando non ne abbiamo voglia, anche se sappiamo quanto ci fa sentire bene. Prendere la decisione di andare a letto un po’ prima per potersi svegliare presto per praticare è Tapas; non bere troppo o mangiare cibi malsani perché si vuole stare bene nella pratica è Tapas; e il modo in cui ci si sente dopo un’intensa lezione di yoga, una beata Savasana e una profonda meditazione? Anche questo è Tapas – “bruciare” i modelli di pensiero negativo e le abitudini in cui spesso cadiamo.
Bruciare i modelli negativi.
Come? Con la volontà, con la disciplina, l’unica via possibile. E accettando la trasformazione. La trasformazione avviene generalmente quando permettiamo che il cambiamento avvenga; uscire dalla nostra zona di comfort e praticare pose con cui non siamo sicuri o di cui forse abbiamo un po’ paura è il momento in cui iniziamo a crescere e a conoscere noi stessi. Se le cose sono sempre troppo facili, non tendiamo a imparare le lezioni di vita di cui abbiamo bisogno per renderci più forti.
Forse questo è il momento delle pose difficili, quelle che non ho mai praticato o che ho lasciato all’angolo del tappetino.
E questo non significa necessariamente svolgerle alla perfezione, ma – per lo meno – lavorarci sopra. E non per stare in verticale su un dito, ma contribuire a quel processo di trasformazione che questo tempo ci sta imponendo.
Un altro concetto che mi sento di esprimere e che rimane il mio preferito, benché mi sia spesso difficile metterlo in pratica, è Samthosa: sii contento.
Che non significa accontentarsi, ma essere felici di ciò che si ha.
Oggi ho avuto più tempo del solito per camminare nei miei prati. E ho notato che la primavera sta arrivando e che il calore dei raggi del sole mi sfiorava la pelle con maggior ardore.
Mi prendo del tempo.
Da quando ho deciso di dedicare la mia vita allo Yoga, ho imparato a prendermi del tempo. Ma non è mai veramente sufficiente per accorgersi dei dettagli.
Il rumore dell’acqua che scorre nel torrente a fianco a casa.
Il cinguettare del merlo che brulica tra le foglie alla ricerca di cibo.
Gli steli di orzo e sbucano all’aumentare della temperatura. Una luna più luminosa del solito.
Non me ne ero mai accorta.
Samthosa è il più grande degli insegnamenti dello Yoga, ti insegna a sorridere per ciò che hai. Fossero solo i raggi del sole che ti svegliano al mattino.
So che spesso la mente può credere che non sia abbastanza.
Ma se lo fosse? Abbiamo mai veramente provato a vivere in questo modo?
Personalmente no. Non sempre, spesso a sprazzi.
Ma anche per questo ci vuole disciplina, perchè la serenità, la felicità, l’attitudine a sorridere è qualcosa che possiamo coltivare. Sì, con disciplina.
Quindi sì, è Tapas la parola giusta (che non sono gli spuntini alla spagnola).
Disciplina nell’atto più grande che ci sia mai stato chiesto:
Trasformarci.
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