Il calore è una componente fondamentale per la nostra mente e per il nostro corpo. Genera felicità. Se pensi di avere qualche dubbio a riguardo, prova a pensare quando, a giugno, non devi metterti il giubottino o la maglia felpata per uscire di casa e andare a lavoro. Oppure quando, durante un pomeriggio di copiosa neve cadente, il tuo corpo è bello arrotolato nella coperta di pail, che a mo di sarcofago, ti circonda saldamente nella presa, un po’ come le bende nelle mummie egizie. O pensa a un pomeriggio d’autunno, quando, tra le foglie, senti fievoli, ma ancora tiepidi raggi di sole scaldarti le scapole, sopra quel maglione infeltrito al momento troppo leggero per la stagione. E quel calore, seppur lieve, ti fa dimenticare che l’inverno è già alle porte. Sì, il calore è una componente fondamentale per il nostro benessere.
A volte il calore può essere soffocante e fastidioso, addirittura pericoloso se pensiamo ai terribili cambiamenti climatici che si stanno verificando sul nostro pianeta, ma – di fatto – non esisterebbe nulla senza quel caldo raggio di sole. E quel torpore, accogliente, come una coperta di pail in un pomeriggio di neve, lo proviamo subito, quando Nicola ed io entriamo da Spera Hot Yoga, a Milano, in pieno corso Buenos Aires: un’isola felice, con un leggero clima equatoriale, nel bel mezzo del traffico cittadino.
Conoscevo lo studio grazie al network di Odaka Yoga e, svegliandomi, al mattino (un freddo mattino di novembre) avevo pensato che cimentarmi in una pratica come quella dell’Hot Yoga, avrebbe potuto essere una buona soluzione per far rivivere le mie articolazioni (oltre a fare un regalo a Nicola che – siculo da generazioni – d’inverno elucubra il caldo come chi è a dieta elucubra la Nutella). Mentre Antonio ci spiega la struttura, la lezione e il suo funzionamento, ricordi e sensazioni affollano la mia mente, mentre il torpore che solo una temperatura superiore ai 28-30 gradi può generare. C’è un po’ d’India in questo posto, con una leggera umidità che un po’ mi ricorda le serate a New Delhi, alla fine del monsone, quando l’aria diventa finalmente più respirabile e i profumi e gli odori più vivi.
La sala dove stiamo per fare Hot Yoga, è semplice. Un pavimento riscaldato, pareti isolanti e luce che entra dal soffitto a illuminare le nostre forme sul tappetino, una stufa a pellet dove piccole lame di fuoco giocano fra di loro. Sto bene. E a vedere come Nicola ‘si riscalda’ sul tappetino, mi pare di capire che anche lui – che proprio un appassionato di yoga non è, ma mi ama molto – sia decisamente a suo agio.
Durante la lezione tenuta da Antonio, i nostri corpi si muovono in agilità e concentrazione, un’agilità facilitata anche da una temperatura mantenuta costante, vicina ai 30 gradi. Flessibilità e forza si uniscono e si mischiano a creare un cocktail che facilità il pieno assorbimento nel proprio corpo e nella propria mente.
Sentirsi coccolato da qualcuno, da una pratica, da uno spazio, non è mai scontato. Yoga è sempre yoga, anche se fatto sotto un ponte o in una condizione estrema, ma credo che darci la possibilità di aiutare il nostro corpo a sentirsi meglio sia un nostro diritto, oltre che un dovere.
Del resto, come scritto da uno dei maestri di yoga più importanti di tutti i tempi, Iyengar
«il corpo è il tempio dello spirito: conservalo puro e pulito per l’anima che vi risiede»
Le temperature elevate facilitano il movimento del nostro corpo e chi è stato in India, patria dove nasce lo yoga, lo sa: difficilmente nelle sale yoga, in India, c’è l’aria condizionata, e praticare al caldo è una cosa piuttosto normale. Lo yoga, del resto, nasce a temperature elevate (se ti capiterà di andare in India in estate, durante la stazione dei monsoni, ti farà gocciolare di sudore anche solo semplicemente estendere le braccia verso l’alto).
Per chi non lo sapesse Hot Yoga, detto anche Bikram Yoga, è nato in India da Bikram Choundhury non molto tempo fa e praticare al caldo, a una temperatura costante piuttosto sostenuta, permette ai muscoli di contrarsi e allungarsi in modo più veloce e semplice, riducendo al minimo il rischio di infortunio muscolare.
Praticare Hot Yoga è un po’ come stare davanti al camino quando fuori piove: ti fa stare subito meglio, anche se alcune posizioni richiedono un po’ di sforzo in più.
E Antonio ha parole gentili per tutti, sostiene nella pratica, senza essere invasivo, dandoti il tempo e la possibilità di trovare la tua dimensione. Che sia fisica, mentale o spirituale.
Antonio, Spera Hot Yoga, lo gestisce anche con la sua compagna Maria, anche istruttrice di Odaka Yoga, la disciplina che più di tutte mi ha fatto innamorare e che attualmente insegno.
Lo yoga, tuttavia, è uno solo e sperimentare diversi stili di yoga è una buona abitudine che cerco di mantenere viva e di soddisfare ogni qualvolta ne ho la possibilità.
Ciò che mi ha colpito di più di Antonio e di Spera Hot Yoga, oltre alla qualità della lezione e dell’insegnamento, è stata l’accoglienza: personale, ma discreta, pulita, calda, un po’ come un abbraccio al profumo di libertà e – benchè gli abbracci non abbiano un particolare profumo, salvo quello di chi l’abbraccio ce lo dona – beh… credo che un abbraccio al profumo di libertà sia la locuzione migliore per descrivere Spera Hot Yoga e il suo metodo.
Insomma, un’isola felice, un’ora e mezza di benessere a 360 gradi nel cuore pulsante di Milano, quando fuori piove.
Namastè
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