Savasana. Fare spazio al silenzio

Lo spazio vuoto che abbiamo dimenticato di abitare

Viviamo in un tempo in cui non ci fermiamo mai.
O meglio, crediamo di fermarci.
Dopo una giornata piena ci sdraiamo, ma accendiamo la TV.
Abbiamo cinque minuti liberi e scorriamo il telefono.
Anche quando cerchiamo pace, continuiamo a riempire lo spazio con qualcosa.

Abbiamo dimenticato come si abita il vuoto.
Eppure è proprio nello spazio vuoto che la vita torna a parlarci.

Da questa consapevolezza è nato il mio libro, “Savasana. Fare spazio al silenzio”, edito da Cartman Edizioni: un invito a ritrovare l’ascolto profondo di noi stessi, attraverso la posa più semplice — e al tempo stesso più potente — dello yoga.

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Che cos’è Savasana

Molti la conoscono come la posizione del cadavere yoga, ma Savasana è molto di più di un momento di riposo.
Deriva dal sanscrito śava (corpo morto) e āsana (posizione): è la posa di rilassamento finale nello yoga, ma anche una vera e propria pratica di consapevolezza.

Si esegue sdraiandosi supini sul tappetino, gambe leggermente divaricate, braccia lungo i fianchi con i palmi rivolti verso l’alto.
Gli occhi si chiudono, il respiro si fa naturale.
Sembra tutto fermo — ma in realtà, dentro, si muove moltissimo.

Il respiro torna libero, il sistema nervoso si riequilibra, le tensioni si sciolgono.
È il momento in cui la pratica si integra: tutto ciò che abbiamo mosso, compreso e liberato trova finalmente spazio per depositarsi.

I benefici di Savasana

Molte persone cercano su Google “benefici di Savasana” e scoprono che questa posa agisce a più livelli:

  1. Rilassamento profondo del corpo e della mente.
  2. Riduzione dello stress e dell’ansia grazie al riequilibrio del sistema nervoso.
  3. Recupero energetico, miglioramento della qualità del sonno.
  4. Ascolto interiore e centratura, essenziali per l’equilibrio emotivo.
  5. Integrazione della pratica yoga: è il momento in cui l’energia si stabilizza e il corpo assimila i benefici del movimento.

Come insegna l’Hatha Yoga Pradipika:

“Savasana elimina la stanchezza e calma la mente, portando pace profonda al praticante.”

Il coraggio di fermarsi

La vera sfida di Savasana non è fisica: è interiore.
Restare immobili, nel silenzio, ci espone a ciò che normalmente evitiamo — pensieri, emozioni, paure.
Nel mio libro scrivo:

“Non è la vita frenetica che ci spaventa, ma il silenzio.
Perché nel silenzio non possiamo fuggire da ciò che siamo.”

Ed è proprio questo che rende Savasana preziosa: non ci invita a scappare dal rumore, ma a rimanere presenti nel silenzio, lasciando che tutto emerga e si trasformi.

Come ricorda Patanjali negli Yoga Sutra (I.2):

“Yoga citta vritti nirodhah” — lo yoga è la cessazione delle fluttuazioni della mente.

Savasana è l’esperienza diretta di questo sutra: quando la mente si quieta, la coscienza si apre e la guarigione comincia.

Ascoltare il corpo per guarire

Ogni parte del corpo, in Savasana, diventa un portale di ascolto.
Le spalle che si arrendono, lo stomaco che si distende, la gola che lascia scorrere il respiro.
Il corpo diventa la bussola interiore che ci riporta a casa.

Dal libro:

“Il corpo non mente mai: parla con le sue tensioni, con i suoi dolori, con i suoi silenzi.
E quando finalmente ci fermiamo, possiamo sentire ciò che ci sta dicendo.”

La voce interiore come guida

Quando ci fermiamo davvero, scopriamo la nostra voce interiore.
È una voce sottile, spesso coperta dal rumore del mondo e delle abitudini.
Ogni volta che cerchiamo conferme esterne, ci allontaniamo da lei.

In Savasana, quella voce riemerge.
All’inizio è fragile, ma se la ascoltiamo diventa intuizione — la vera guida che ci conduce verso ciò che siamo.
L’intuito non è magia: è la saggezza del corpo e del cuore quando la mente smette di interferire.

Ritrovare quella voce significa tornare a fidarsi di sé, riconoscendo che nessun metodo esterno può sostituire la verità che già abita dentro di noi.

Perché Savasana è la posizione più importante

Molti praticanti la saltano, credendo che “fare di più” significhi “praticare meglio”.
Ma Savasana è la posa più importante dello yoga, perché rappresenta la resa consapevole:
l’attimo in cui il corpo tace e l’anima prende parola.

Senza Savasana, la pratica resta incompleta.
È come scrivere una poesia e non lasciare spazio al silenzio tra i versi.

Il messaggio del libro

“Savasana. Fare spazio al silenzio” non è un manuale tecnico, ma un viaggio nel silenzio e nella presenza.

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Pagina dopo pagina accompagna chi legge a riscoprire il potere trasformativo dell’ascolto, della quiete e del lasciar andare.

Non serve essere yogi esperti: serve solo il desiderio di fermarsi, respirare e sentire.
Perché solo quando ci concediamo di non fare nulla, tutto inizia a cambiare davvero.

Conclusione: il silenzio che guarisce

Viviamo in un mondo che premia la produttività ma dimentica la presenza.
Eppure, la vera evoluzione accade solo quando ci concediamo di fermarsi davvero.
Savasana ci ricorda che non c’è crescita senza ascolto, e non c’è ascolto senza silenzio.

Fermarsi non è rinunciare alla vita: è creare lo spazio perché la vita possa finalmente respirare dentro di noi.

“Savasana. Fare spazio al silenzio” è un invito a tornare a quel luogo sacro dove il corpo si arrende, la mente tace e l’anima ricomincia a parlare.

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